Corpo, mente, emozioni: esperienze condivise - Body, mind, emotions: shared experiences
martedì 28 gennaio 2014
Il lavoro della parte emozionale esige attenzione, ma in questa parte del centro l'attenzione non richiede alcuno sforzo. Viene attirata e trattenuta dal soggetto stesso, il più delle volte da una identificazione, che abitualmente viene chiamata "interesse" o "entusiasmo" o "passione", oppure "devozione".
venerdì 24 gennaio 2014
A proposito del 5° specchio, un giovane ricercatore mi scrive
Stare molto tempo vicino ad altre persone rende più semplice l’emergere dei loro lati che entrano in conflitto con le molteplici parti, o io, della mia essenza. E mi son accorto che una persona in particolare muove molte personalità dentro di me, non dissimili da quelle che mi tira fuori mia madre, con la quale ho un rapporto a dir poco anormale. Questa persona è Raffaella. Lei è in conflitto con quella parte di me infantile, e probabilmente le linko anche qualcosa che ha perduto, e si esprime con me con quel suo linguaggio puntiglioso, scrupoloso e competitivo non dissimile da mia madre. Io dall’altra parte, mi ritrovo a subire ciò che ho subito nel corso della mia vita, e soprattutto durante l’adolescenza, subito dopo la separazione dei miei genitori, quindi quando mia madre si è trovata da sola ad educare un figlio. Incapace, oberata dalle sue paure, ansie e anche manie, ad affrontare l’educazione dei figli da sola, con un marito che si gettava inconsciamente nell’alcool e ne risentivamo soprattutto io e mio fratello, ha imparato ad agire in maniera fredda e priva apparentemente di affetto. Non dico che l’affetto non c’è in mia madre, è solo che tutto quell’energia di attaccamento (secondo me anche maniacale verso me), è stata filtrata pesantemente dal suo stato emotivo in perenne ansietà. Tutto ciò che ho subito sul piano emozionale da mia madre è stata infatti un’enorme carica di preoccupazioni e ansie. Mi ha trasmesso ciò che provava dentro e paradossalmente non avrebbe voluto per me.
Il rapporto con Raffaella che dunque mi linka la rumenta passata con mia madre, non può che essere ricco dal punto di vista dell’evoluzione individuale, e può essere fondamento per un eventuale sblocco relazionale con mia madre. Tutto ovviamente dipende da come mi muovo principalmente io, non da come si approcci lei, penso di avere diverso tempo a disposizione prima che lei cambi di atteggiamento nei miei confronti. Mi aiuterebbe sul piano dell’inconscio a comprendere meglio la situazione materna, perché sul piano della cognizione capisco(non comprendo) perfettamente il comportamento di mia madre. E riuscirei oltretutto a gestire meglio i meccanismi che ho con lei.
Per questo sento di dover ringraziare fortemente Raffaella per darmi questa opportunità di evoluzione interiore.Passando al piano vero e proprio della relazione con Raffaella cioè i meccanismi che scattano dentro, accade che alla rumenta che getta su di me, scaturita anche dalla più insignificante cosa, come il non aver acceso la stufa, oppure non aver badato a togliermi le scarpe prima di entrare in bagno, oppure il fatto che a volte mi fa presente che mi ritiene sul piano comportamentale un cafone, io non rispondo sguinzagliando l’animale, anzi la invito a farmi altri esempi di ciò che non va nel mio agire così che non accadano più errori. E’ una tattica che ho imparato da mia madre: così facendo Raffaella scarica la rabbia su di me e io sono capace di comprendere il senso della sua rabbia e non controbattere. Penso durante la “aggressione” che in realtà si tratta non di uno scarico nei miei confronti, bensì di uno scarico destinato ad una parte di lei, di Raffaella stessa. Una volta che si è scaricata, lei si sente bene, io invece in qualche modo la merda che mi ha tirato la sento. Mi trattengo dentro una serie di sensazioni spiacevoli, tra cui un sentimento di sottomissione e di incapacità di agire bene, e di non essere sempre in coscienza di ciò che faccio. Come se mi distraessi da ciò che veramente dovrei fare. In effetti potrei dire che Raffaella come mia madre, ha quasi una capacità di mettermi nelle condizioni di verificare se sto facendo bene, con il suo modo di seguire sempre puntigliosamente quello che faccio.
La domanda che mi pongo è però questa: è giusto continuare ad “evitare i colpi” assorbendo e comprendendo con la tattica sopracitata oppure dovrei sguinzagliare l’animale per analizzare bene cosa accade se lo faccio? So anche che a lungo andare non riuscirei a controllarmi e comunque l’animale prima o poi uscirebbe…
martedì 31 dicembre 2013
CONSAPEVOLEZZA PROLUNGATA
Uno dei limiti che si presentano all’azione del ricercatore è la caduta della consapevolezza di fronte alla sofferenza. Quando la mente ci suggerisce di fuggire (es.negli automatismi) resistere ci fa sembrare l’agonia assolutamente insopportabile; i pensieri distruttivi e minacciosi occupano tutto il campo. Eppure resistere, stare nella situazione consapevolmente (ormai sappiamo cosa significa), permette a qualcosa di incredibile di accadere: di colpo osserviamo la dissoluzione del dolore e dei pensieri intorno ad esso, invece di desiderare che il dolore cessi ci si ritrova tranquilli ad osservare affascinati le sue componenti. Stare in contatto con il dolore, con il piacere, o con l’indifferenza, finché questi stati mentali cambiano, ci consente di intuire che ogni esperienza non è permanente, qualunque essa sia.
L’intuizione che tutto si trasforma ci aiuta a liberarci dai richiami del piacere e dall’avversione al dolore. Ogni volta che osserviamo il momento di intenzione che precede la nostra azione, abbiamo la possibilità di penetrare nella catena di causa ed effetto che è all’origine di tutte le abitudini mentali.
Con un’emozione come la rabbia, sostenere l’attenzione può portarci a un’altra intuizione cruciale: se riusciamo a stare in contatto con la rabbia abbastanza a lungo, la vedremo trasformarsi in qualcos’altro, come il dolore, la tristezza, o qualche altra sensazione, o addirittura sparire. Ciò che ci era sembrato così solido si sgretola e si trasforma. La chiave di tutto questo sta nella capacità di rimanere in contatto con l’esperienza in tutti i suoi cambiamenti.
domenica 29 dicembre 2013
CONCENTRAZIONE E CAPACITA’ DI OSSERVAZIONE
La piena consapevolezza può essere vista come il tentativo sistematico di rieducare l’attenzione. Questa può essere senz’atro considerata una forma di meditazione.Due dei principali approcci all’educazione della mente sono la concentrazione e la capacità di osservazione. La concentrazione ha lo scopo di rinforzare la capacità della mente di mantenere l’attenzione focalizzata su qualcosa, come la respirazione, senza distrarsi. Ogni volta che la mente si sposta, per esempio a un ricordo, al pensiero di qualcosa che si deve fare, oppure a una preoccupazione, colui che medita dovrebbe abbandonare la distrazione riportando l’attenzione al respiro. In questo modo la mente si mantiene più concentrata e tranquilla. La concentrazione sviluppa la capacità della mente di rimanere focalizzata su un soggetto, senza essere distolta dalle distrazioni. Senza gli occhiali della concentrazione il mondo appare confuso, sfocato e indistinto. Ma quando li indossiamo, tutto diventa chiaro e definito. Non sono gli oggetti ad essere cambiati, ma l’acutezza della nostra visione. Quando guardate a occhio nudo una goccia d’acqua, non vedete molto. Ma se mettete un campione d’acqua sotto le lenti di un microscopio, vedrete esseri che danzano e si muovono in maniera affascinante. Quando questa sorta di “raggio” di attenzione penetra di momento in momento sempre di più nell’oggetto dell’osservazione, la mante conquista la capacità di rimanere stabile e di non farsi distrarre ed è soddisfatta.
sabato 28 dicembre 2013
SINTONIZZARSI CON IL PRESENTE
Di solito risulta difficile mantenere l’attenzione su ciò che sta accadendo nel momento presente; la mente è deconcentrata e vaga altrove: sogni a occhi aperti, fantasie, sonnolenza, agitazione, pensieri e progetti casuali, giudizi su questi pensieri e progetti, reazioni ai giudizi...e se ci capiterà di notare quanto la nostra mente stia spaziando, allora potremo ricordarci di tornare di nuovo al presente.
La piena consapevolezza rende vividamente chiara la differenza tra essere presenti o distratti. Ci accorgiamo di quanto siamo distanti dalle attività della nostra vita, anche nei momenti che ci sembrano più preziosi, perché la mente ci spinge altrove.
Uno degli scopi della piena consapevolezza è di mantenerci sintonizzati con il presente. La piena consapevolezza non consiste nel pensare a ciò che proviamo: è una semplice attenzione profonda all’esperienza stessa. La distrazione è un sintomo che serve a segnalarci che stiamo evitando la verità di un determinato momento.
Può essere utile porsi una domanda pienamente cosciente: “Che cosa mi impedisce di stare nel presente?”. A volte la risposta fa emergere l’influenza nascosta dei nostri schemi emotivi più profondamente radicati.
La capacità di mantenere la nostra consapevolezza concentrata stabilmente può spezzare la resistenza della mente alla realtà del momento.Se provate qualcosa di piacevole, rimanete consapevoli senza fuggire. Se si tratta di qualcosa di spiacevole, rimanete coscienti senza resistere. Se invece si tratta di un’esperienza che vi è indifferente, la precisione nella consapevolezza impedisce che diventi noiosa.
domenica 8 dicembre 2013
Come fare per investire sui sentimenti positivi per arginare schemi comportamentali distruttivi?
E’ la domanda di una giovane ricercatrice a cui rispondo nella maniera seguente.
Occorre innanzitutto espandere la propria consapevolezza.Diventare consapevoli di abitudini emotive negative è necessario perché, a meno di non essere in grado di coglierle e sfidarle quando gli eventi della vita le portano allo scoperto, esse solitamente dominano il nostro modo di percepire e di reagire.
E più queste emozioni ci ridurranno in loro possesso, più continueranno a ripresentarsi, complicandoci la vita nelle relazioni, nel lavoro, e condizionando il modo in cui vediamo noi stessi. Se ci impegniamo nel lavoro interiore di osservazione dei nostri schemi di comportamento è probabile che iniziamo a vedere noi stessi e gli altri con una nuova onestà mentre gli elementi profondi cominciano a emergere. In questo caso, un atteggiamento compassionevole, vale a dire il desiderio di essere utili non solo noi stessi, ma anche agli altri, diventa essenziale. Senza questo, le verità potrebbero essere molto più dure da accettare.L'alchimia emotiva ovvero la capacità di modificarci interiormente implica un'empatia verso i nostri pensieri distorti, ma ciò non significa che debba esserci una collusione con queste distorsioni, e neppure che dobbiamo credere in questi modi irrazionali di pensare a noi o agli altri. Significa comprendere le nostre percezioni e come queste siano modificate e fuorviati da significati nascosti.
Questa empatia permette di sviluppare la capacità di accettazione.Con l'accettazione possiamo riconoscere che le cose sono come sono, anche se desidereremmo che fossero altrimenti. Questo ci permette di accettare il fatto che non possiamo controllare la realtà, E da al nostro cuore abbastanza coraggio per restare aperti anche di fronte alle avversità.
L'accettazione e la compassione sono risorse interiori dal valore incommensurabile quando cerchiamo di liberarci dal condizionamento dei nostri schemi profondi, O quando siamo alle prese con le nostre reazioni a situazioni della vita che ci mettono duramente alla prova.
Se non riusciamo a muoverci prescindendo dall'identificazione personale con la nostra sofferenza emotiva o con la nostra confusione, potremmo farci sfuggire una vera opportunità. Dobbiamo essere aperti alle intuizioni più profonde, in grado di ridefinire la nostra percezione limitata di noi stessi, o degli altri. Se siamo sempre invischiati nelle nostre emozioni, rischiamo di perdere l'occasione di rivolgerci a poteri essenziali che abbiamo dentro. Potremmo non riuscire a cogliere messaggi rivelatori veicolari dal dolore e cerchiamo di sopportare. Oppure potremmo incominciare a identificarci troppo con i nostri schemi, piuttosto che a francarcene. È proprio attraverso questa liberazione che possiamo liberare l'energia rimasta intrappolata, che ci permetterà di essere più creativi nella nostra vita, più presenti e più disponibili e anche più utili agli altri.
mercoledì 4 dicembre 2013
Proseguono gli incontri tematici della serie " Dire, fare e cambiare", attraverso cui il metodo Anidra mostra la sua capacità di essere strumento utile e versatile per un lavoro personale proficuo.
Ogni incontro ha un tema su cui si focalizza l'attenzione; lunedì 9 dicembre saremo a Brescia e affronteremo l'argomento della "trama fra le relazioni e le incarnazioni".
Gli interessati troveranno tutti i riferimenti sull'evento nella locandina allegata al post.
Ogni incontro ha un tema su cui si focalizza l'attenzione; lunedì 9 dicembre saremo a Brescia e affronteremo l'argomento della "trama fra le relazioni e le incarnazioni".
Gli interessati troveranno tutti i riferimenti sull'evento nella locandina allegata al post.
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