martedì 31 dicembre 2013

CONSAPEVOLEZZA PROLUNGATA

Uno dei limiti che si presentano all’azione del ricercatore è la caduta della consapevolezza di fronte alla sofferenza. Quando la mente ci suggerisce di fuggire (es.negli automatismi) resistere ci fa sembrare l’agonia assolutamente insopportabile; i pensieri distruttivi e minacciosi occupano tutto il campo. Eppure resistere, stare nella situazione consapevolmente (ormai sappiamo cosa significa), permette a qualcosa di incredibile di accadere: di colpo osserviamo la dissoluzione del dolore e dei pensieri intorno ad esso, invece di desiderare che il dolore cessi ci si ritrova tranquilli ad osservare affascinati le sue componenti. Stare in contatto con il dolore, con il piacere, o con l’indifferenza, finché questi stati mentali cambiano, ci consente di intuire che ogni esperienza non è permanente, qualunque essa sia.
L’intuizione che tutto si trasforma ci aiuta a liberarci dai richiami del piacere e dall’avversione al dolore. Ogni volta che osserviamo il momento di intenzione che precede la nostra azione, abbiamo la possibilità di penetrare nella catena di causa ed effetto che è all’origine di tutte le abitudini mentali.
Con un’emozione come la rabbia, sostenere l’attenzione può portarci a un’altra intuizione cruciale: se riusciamo a stare in contatto con la rabbia abbastanza a lungo, la vedremo trasformarsi in qualcos’altro, come il dolore, la tristezza, o qualche altra sensazione, o addirittura sparire. Ciò che ci era sembrato così solido si sgretola e si trasforma. La chiave di tutto questo sta nella capacità di rimanere in contatto con l’esperienza in tutti i suoi cambiamenti.



3 commenti:

  1. E' proprio vero che riuscire a stare nell'emozione abbastanza a lungo ci aiuta non solo a vederla e assumercene la responsabilità, ma anche a sgretolarla e, se re-impaginata correttamente, a ricomporla in un'altra emozione, trasformandola così in un mattoncino utile per la nostra costruzione ed evoluzione.
    Per me, i due momenti cruciali sono quello di avere la forza di riuscire a stare in quell'emozione abbastanza a lungo per riuscire ad iniziare a sgretolarla e di riuscire a re-impaginarla in modo corretto.
    Nonostante la difficoltà, credo vivamente che nel nostro profondo abbiamo le risorse per riuscire ad effettuare entrambe gli step in modo corretto e, per me, è essenziale essere arrivata ad un punto di sufficiente apertura per saper riconoscere ed accogliere l'opportunità.
    Una volta colta, l'enorme peso diventa uno splendido trampolino che mi catapulta su una nuova corsia della Strada, che mi fornisce nuovi occhiali e mi permette di accedere ad un nuovo sentimento.
    Grazie M° per gli strumenti che ci fornisci, per la mano che ci porgi e per l'assenza di limiti che ci dimostri.

    "La vertigine non è, paura di cadere, ma voglia di volare" - Jovanotti

    Salta!!!!

    RispondiElimina
  2. Ci focalizziamo così tanto sulla paura di soffrire e sulla negazione di una nuova sfida da affrontare, da crearne di nuove ed intense; quando alla fine stremati da noi stessi, troppo esausti per fuggire accogliamo ciò che accade si scopre che è ciò che volevamo e il dolore diventa piacere.

    RispondiElimina
  3. Perchè rifuggiamo il dolore? Perchè ci è stato insegnato a fare così? Perchè tutto il mondo ci costruisce intorno le paure?
    Le esperienze dolorose capitano e non è con la paura che le allontaniamo, anzi il contrario. Quando ci capitano, quindi, dobbiamo starci dentro e osservarci...invece che sperare solo che terminino prima possibile...lo trovo complesso ma sicuramente è meglio pensare di poter fare qualcosa per noi, anche in quei momenti, piuttosto che aspettare, come sempre, che il dolore termini perchè cambia qualcosa di esterno a noi.

    RispondiElimina