giovedì 27 gennaio 2011

Conoscenza e saggezza

La saggezza, che si raggiunge solo nell’esperienza della vita, non va confusa con la conoscenza. La Via dice che la saggezza nasce da occhi che vedono, non da occhi che studiano (cfr. le differenze tra guardare e vedere nell’ultimo seminario): nasce dalla consapevolezza, non nasce dalla concentrazione, bensì dalla meditazione. Devi semplicemente aprirti a questo splendore chiamato vita. Aprirti a tutte le cose senza giudicarle, e allora accade la saggezza.
Se giudichi, la ostacoli. Se scegli, la previeni…se condanni, la eviti…se valuti, la rinneghi. L’uomo che vuole essere toccato dalla saggezza rimane semplicemente un testimone. Senza pensieri, osserva: un semplice specchio che riflette. Non ha fretta, non conclude mai, non accumula mai conoscenza, continua ad imparare senza mai accumulare conoscenza.
La persona di conoscenza vive nei ricordi, nel passato. L’uomo saggio vive nel presente, non nei ricordi, ma nella consapevolezza di questo preciso istante.



Knowledge and wisdom


Wisdom, which is reached only through life experience, must not to be confused with knowledge. The Way says that wisdom is born from eyes that see, not form eyes that study (see the differences between looking and seeing of the last seminar): it springs from awareness, not from concentration but from meditation. One must simply open oneself to this beautiful thing called life. One must open oneself to everything without judgement, and then wisdom happens.
By judging, we hinder wisdom. By choosing, we prevent it... by condemning, we avoid it ... by evaluating, we renounce it. He who wants to be touched by wisdom simply remains a witness. Without thoughts, he observes: he is simply a mirror. He is not in a hurry, he never comes to conclusions, he never accumulates knowledge, he continues to learn without ever accumulating knowledge.
A knowledgeable person lives in his memories, in the past. The wise man lives in the present, not in his memories, but in the awareness of this very precise moment.

 


martedì 25 gennaio 2011

Percezione senza centratura

Si narra che qualcuno abbia detto ad un Maestro: “Desidero la capacità di vedere, poiché voglio diventare saggio”.
Il Maestro rispose: “ La percezione priva della saggezza è più dannosa dell’ignoranza”.
Gli fu chiesto: “ Com’è possibile?”
Il Maestro rispose: “ È simile alla storia dell’avvoltoio e del nibbio. L’avvoltoio disse al nibbio: ‘Posseggo una vista migliore della tua, poiché posso scorgere un chicco di grano laggiù in quel campo, mentre tu non vedi niente’. I due uccelli planarono per prendere il chicco di grano che l’avvoltoio poteva vedere e il nibbio no. Quando furono più vicini al terreno anche il nibbio vide il chicco di grano. L’avvoltoio continuò la sua discesa e lo inghiottì. Così rovinò a terra poiché quel chicco era avvelenato”.


Perception without being centred


They say that someone once told a Teacher: "I would like to be able to see, because I want to be wise."
The Teacher replied: "Perception without wisdom is more harmful than ignorance."
So he asked: "How can this be possible?"
The Master replied: "It's like the story of the vulture and the kite. The vulture said to the kite 'I have a better sight than yours, because I can see a grain of wheat in that field over there, and you can’t'. The two birds glided down to grasp the grain of wheat that the vulture could see and the kite couldn’t. When they arrived close to the ground the kite was able to see the grain of wheat, but the vulture continued its descent and swallowed it. This is how the vulture fell to the ground as the grain was poisoned. "

mercoledì 19 gennaio 2011

H2O

l’acqua al Centro Anidra è un campo di lavoro continuo
le vie d’acqua dei torrenti che nutrono il nucleo del centro e disegnano una Y alla base del poggio, l’acqua che il disegno del suolo ha sagomato indirizzando e incanalando lungo i beodi e gli impluvi che richiedono la nostra costante attenzione, l’acqua che sbuca laddove meno te la aspetti e solca i terrazzamenti mettendo in pericolo i muri di fascia l’acqua limpida sgorga dalle sorgenti e si rende disponibile nel nostro acquedotto che corretta solo attraverso passaggi elettrolitici del pantech, conserva incontaminata le informazioni della montagna, la nostra acqua impiegata per gli usi domestici che ci facciamo cura di restituire pulita attraverso il filtraggio naturale delle fitodepurazioni, lavorata come l’acqua delle nostre emozioni che non disperdiamo né vogliamo buttar fuori sconsideratamente inquinando il mondo ma ci ostiniamo ad osservare, seguire, incanalare, evitando di farci portar via, è la forza che impieghiamo nella turbina del minihydro e che raccogliamo energetica nel biolago, chakra del paesaggio, carburante per le nostre azioni, più trasparenti e tracciabili, come nelle 5T della qualità. L’acqua del Qi originario, l’acqua yang qi del feng shui, l’acqua delle emozioni che ci attraversano la pancia, l’acqua delle montagne che ci accolgono, tutto si intreccia in un gioco continuo di piani differenti di lavoro.

martedì 18 gennaio 2011

Indicazioni per la pratica del tai chi chuan

Durante l'esecuzione della forma occorre mantenere lo sguardo orizzontale, cioè evitare di inclinare la testa. Questa indicazione si basa sull'idea che se inclinate la testa, da una parte il flusso sanguigno e quello del qi sono squilibrati e, dall'altra. questo rischia di disturbare il senso di orizzontalità, e questo è pericoloso nel combattimento.
Per una corretta circolazione dell'energia e della forza, è necessario che manteniate la colonna vertebrale diritta, con particolare attenzione alla nuca.
Occorre mantenere il corpo rilassato facendo sciogliere ogni piccola tensione. Questo permette una migliore circolazione del sangue e del qi, fondamentali per la concentrazione della forza. non si tratta però di una semplice decontrazione. durante il combattimento, occorre mantenere una tensione mentale, mentre il corpo è rilassato.

martedì 11 gennaio 2011

Elementi per il controllo mentale


Quando la mente si rifiuta di stare nel presente, abbiamo a nostra disposizione diverse procedure per riportarla sul suo oggetto. Il ritsu-zen, o comunque, fermare il corpo in una postura ben definita, è una pratica preziosa per imparare a governare la propria mente in modo che sia uno strumento al nostro servizio.
Vi sono anche altre procedure per il controllo mentale che consistono nel dare alla mente alcuni compiti specifici; l’effettiva utilità di queste dipende dal grado di distrazione mentale.
Imitare le posizioni yoga senza la presenza della mente ha una utilità strettamente fisica che comunque può avere il senso di rendere flessibile ed elastico il corpo fisico.

domenica 9 gennaio 2011

Il tayoqi e il centro

La pratica del tayoqi favorisce la formazione di una centratura, ovvero la capacità di stare nel presente. Questa capacità è una condizione fondamentale per produrre stati di “osservazione di sé” attraverso i quali ci vengono fornite le informazioni chiave di ciò che siamo e di come funzioniamo.
Stare nel presente non è così semplice per via di tutte le stimolazioni che riceviamo dall’esterno e dall’interno di noi stessi. Nel bel mezzo dell’esecuzione di una posizione yoga, per esempio, la mente può cominciare a vagare intorno a pensieri sulla cena, sul dessert, o su che cosa ordinare per il pranzo. I pensieri che si allontanano dal lavoro in corso indicano una condizione in cui i meccanismi primordiali sfuggono al governo della nostra mente. Il corpo è abbandonato e l’energia si divide: quella fisica impegnata nel movimento, quella mentale in una fantasticheria sul cibo. Non c’è un livello più elevato di attività che possa integrarle. La situazione è caotica e non può essere produttiva. La posizione è mal eseguita e potrebbe anche dar luogo ad una lesione. L’attività mentale col suo assorbire e sprecare energia, è priva di scopo e fuorviante. Manca una funzione integratrice superiore. 
In una condizione come questa la pratica dovrebbe privilegiare lo stare in ritsu-zen per ricondurre la mente al suo oggetto di partenza. Nel tayoqi questo è possibile in quanto la sequenza formale è resa flessibile dalle esigenze di sviluppo personale.





Tayoqi and the Center


The practice of tayoqi favours the formation of ones’ centre, or in other words, the ability to stay in the present. This ability is a fundamental prerequisite for achieving states of "Self Observation" through which we are can access key informations on what we are and how we function.
Being in the present is not a simple task because of the amount of stimuli that we receive from the outside world and from within ourselves. In the midst of performing a yoga posture, for example, the mind can start to wander around thinking about dinner, dessert, or what to order for lunch. The fact that our thoughts start to wander away from the physical work that we are performing indicates that our mind is not able to govern such primordial mechanisms. Hence the body is abandoned and our energy is divided: the physical energy is engaged in the movement, while the mental energy is engaged in daydreaming about food. A higher level of activity that can integrate these two aspects is missing and such a situation is chaotic and therefore unproductive. The yoga posture is not being carried out properly and may even lead to injury. The mental activity, with this consumption and waste of energy, is pointless and misleading. A higher function that is able to integrate these different energies is missing. 
In such a situation, one should privilege a practice such as Ritsu-zen to bring the mind back to the initial objective. In the practice of tayoqi this higher integrating function is possible, as the formal sequence of postures is made flexible by ones’ personal development needs.

giovedì 6 gennaio 2011

Condurre il cavallo per le redini

Quando sento diminuire la centratura, la presenza a me stessa, impiego piccoli intervalli di digiuno, di soli tre giorni, per rafforzare la dimensione del governo di sé, impiego uno sforzo volontario (per me è uno sforzo monumentale, per altri miei compagni di lavoro è un giochino da ragazzi!) per permettermi di osservarmi nei meccanismi emotivi, nei lampi di emotivo che portano a ricercare il cibo, nell’intenzione di controllarli evitando di scaricare l’energia in maniera automatica e potendo impiegare invece quella carica in maniera maggiormente produttiva, mettendo in atto nuovi comportamenti, maggiormente consapevoli e un poco più liberi.
L’obiettivo che traguardo è di riuscire a dirigermi in modo da non rimanere meccanicamente ancorata ai pregiudizi più radicati, ai meccanismi delle abitudini, dei bisogni fittizi, come quelli che vincolano nel rapporto con il cibo o nella relazione con il partner. Capiamoci: non sono patologicamente ancorata al cibo e non sono nemmeno impegnata a diventare un’asceta!
Ciò che mi pare interessante (e anche molto difficile per la verità) è andare oltre, raccogliere la sfida di imparare ad essere talmente presenti a se stessi da non doversi privare delle esperienze che nella vita scatenano l’energia emotiva di natura fuoco (Xin - letteralmente cuore - il centro che esprime emozioni, sentimenti, desideri, di natura fuoco, alimentato dal cibo e dall’aria). Nei miei piccoli intervalli di digiuno rafforzo l’osservazione interna, faccio appello alla mente saggia (Yi, mente d’acqua, nutrita dal Qi d’acqua o Qi originario) per governare i guizzi del centro emotivo che risponde ai condizionamenti, ai meccanismi, alle paure, agli ancoraggi esterni e tiene premuti in basso.
In questa pratica associo l’esercizio del “pugno chiuso”, cioè ad intervalli di un’ora richiamo la presenza a me stessa ricordando gli obiettivi che mi sono prefissa. Noto l’efficacia di queste pratiche, sposto gli obiettivi una volta raggiunti, piccoli traguardi che in maniera olistica posso impiegare spostando le “competenze” acquisite sul terreno del digiuno negli altri ambiti della vita.