Quando sento diminuire la centratura, la presenza a me stessa, impiego piccoli intervalli di digiuno, di soli tre giorni, per rafforzare la dimensione del governo di sé, impiego uno sforzo volontario (per me è uno sforzo monumentale, per altri miei compagni di lavoro è un giochino da ragazzi!) per permettermi di osservarmi nei meccanismi emotivi, nei lampi di emotivo che portano a ricercare il cibo, nell’intenzione di controllarli evitando di scaricare l’energia in maniera automatica e potendo impiegare invece quella carica in maniera maggiormente produttiva, mettendo in atto nuovi comportamenti, maggiormente consapevoli e un poco più liberi.
L’obiettivo che traguardo è di riuscire a dirigermi in modo da non rimanere meccanicamente ancorata ai pregiudizi più radicati, ai meccanismi delle abitudini, dei bisogni fittizi, come quelli che vincolano nel rapporto con il cibo o nella relazione con il partner. Capiamoci: non sono patologicamente ancorata al cibo e non sono nemmeno impegnata a diventare un’asceta!
Ciò che mi pare interessante (e anche molto difficile per la verità) è andare oltre, raccogliere la sfida di imparare ad essere talmente presenti a se stessi da non doversi privare delle esperienze che nella vita scatenano l’energia emotiva di natura fuoco (Xin - letteralmente cuore - il centro che esprime emozioni, sentimenti, desideri, di natura fuoco, alimentato dal cibo e dall’aria). Nei miei piccoli intervalli di digiuno rafforzo l’osservazione interna, faccio appello alla mente saggia (Yi, mente d’acqua, nutrita dal Qi d’acqua o Qi originario) per governare i guizzi del centro emotivo che risponde ai condizionamenti, ai meccanismi, alle paure, agli ancoraggi esterni e tiene premuti in basso.
In questa pratica associo l’esercizio del “pugno chiuso”, cioè ad intervalli di un’ora richiamo la presenza a me stessa ricordando gli obiettivi che mi sono prefissa. Noto l’efficacia di queste pratiche, sposto gli obiettivi una volta raggiunti, piccoli traguardi che in maniera olistica posso impiegare spostando le “competenze” acquisite sul terreno del digiuno negli altri ambiti della vita.
L’obiettivo che traguardo è di riuscire a dirigermi in modo da non rimanere meccanicamente ancorata ai pregiudizi più radicati, ai meccanismi delle abitudini, dei bisogni fittizi, come quelli che vincolano nel rapporto con il cibo o nella relazione con il partner. Capiamoci: non sono patologicamente ancorata al cibo e non sono nemmeno impegnata a diventare un’asceta!
Ciò che mi pare interessante (e anche molto difficile per la verità) è andare oltre, raccogliere la sfida di imparare ad essere talmente presenti a se stessi da non doversi privare delle esperienze che nella vita scatenano l’energia emotiva di natura fuoco (Xin - letteralmente cuore - il centro che esprime emozioni, sentimenti, desideri, di natura fuoco, alimentato dal cibo e dall’aria). Nei miei piccoli intervalli di digiuno rafforzo l’osservazione interna, faccio appello alla mente saggia (Yi, mente d’acqua, nutrita dal Qi d’acqua o Qi originario) per governare i guizzi del centro emotivo che risponde ai condizionamenti, ai meccanismi, alle paure, agli ancoraggi esterni e tiene premuti in basso.
In questa pratica associo l’esercizio del “pugno chiuso”, cioè ad intervalli di un’ora richiamo la presenza a me stessa ricordando gli obiettivi che mi sono prefissa. Noto l’efficacia di queste pratiche, sposto gli obiettivi una volta raggiunti, piccoli traguardi che in maniera olistica posso impiegare spostando le “competenze” acquisite sul terreno del digiuno negli altri ambiti della vita.
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